Park Güell

La figura di Eusebi Guell è centrale nell’opera di Gaudì; non fa eccezione nemmeno il parco Guell, che porta il suo nome.

L’imprenditore era solito fare diversi viaggi; in Inghilterra, a inizio Novecento, ha avuto modo di conoscere il vivace dibattito sulle città giardino, sul loro principio fondativo, sull’integrazione tra città e campagna e anche di visitare personalmente alcuni dei quartieri operai lì presenti.

Nel progetto del Park Guell non si orienta alla realizzazione immediata di una città giardino operaia -avrebbe messo a punto questo concetto nella Colonia Guell; qui gli sta a cuore realizzare un modello alternativo all’espansione di Barcellona: ricordiamo che in quegli anni stava prendendo forma il piano proposto da Cerdà nel 1859.

Guell sceglie di creare, lontano dal nucleo storico di Barcellona, un modello alternativo: un lussuoso quartiere privato, reso inaccessibile da un imponente muro perimetrale, con pochi ingressi costantemente controllati, in cui le abitazioni fossero inserite in un vero e proprio parco. Il progetto prevedeva la realizzazione di 60 lotti di terreno a forma triangolare, posti sopra a un pendio ripido, così che in nessun lotto venisse preclusa la vista sulla città agli edifici immediatamente anteriori. A suo tempo, la collina era particolarmente brulla e arida, solo in un secondo momento avrebbe assunto poi l’aspetto attuale.

 

Il muro di cinta è un’imponente opera che circonda 20 ettari di terreno; sebbene possa sembrare un elemento di rottura, in realtà segue, e sembra quasi contenere, il pendio naturale. La sommità è coronata dalla presenza di un mosaico in cui sono inseriti dei medaglioni che riportano appunto il nome del parco. Sono presenti diversi ingressi: alcuni pedonali e altri carrai, dedicati all’ingresso delle macchine che avrebbero dovuto raggiungere i lotti residenziali.

Nel parco erano già presenti alcuni edifici, in particolare una casa di proprietà di Eusebi Guell, che oggi è stata trasformata in una scuola. Guell mette in vendita i lotti solamente dopo aver realizzato le attrezzature pubbliche e il sistema impiantistico generale: predispone fin dall’inizio tutto l’impianto elettrico, l’illuminazione del parco e delle strade, l’impianto telefonico e mette in opera anche una grande cisterna per la raccolta delle acque piovane, particolarmente utili vista la natura arida del terreno. La sua idea di città giardino, tuttavia, non riscuote particolare successo in quel periodo: vengono venduti solo due lotti, uno dei quali viene acquistato da Antoni Gaudì, che ci va ad abitare con il padre novantenne e una nipote. Allo stesso tempo, questo luogo riscuote subito l’interesse di molti gruppi e associazioni, che cercano di realizzarci spettacoli e incontri all’aperto.

In ogni caso, questo lotto di terreno permette a Gaudì di dimostrare il suo talento paesaggistico; ricordiamo che all’inizio del suo percorso universitario aveva frequentato il corso facoltativo di scienze naturali e aveva sostenuto anche alcuni esami di botanica, che gli hanno permesso di giocare con le composizioni vegetali di particolare pregio; qui sceglie di importare diverse specie tipiche della macchia mediterranea e altre specie subtropicali.

La propensione a coniugare le forme della natura con l’architettura si vede anche nello studio dei percorsi. Ricordiamo infatti che questo lotto di terreno era caratterizzato da un forte pendio, per cui il tracciamento dei percorsi interni era particolarmente complesso; Gaudì disegna percorsi con andamento sinuoso, che assecondino le curve di livello, così da non incidere in maniera eccessiva sui costi per gli sterramenti. Nei terrazzamenti, viadotti e nelle parti di percorso sospese c’è una sorta di sottomissione alla struttura del sito, che stimola l’architetto a inventare grotte simili a quelle naturali, con porticati che addirittura sono sostenuti da colonne inclinate, con fusto in alcuni casi spiraliforme o antropomorfo. Nelle aree libere arricchisce la vegetazione presente introducendo querce, palme, ma lasciando anche prosperare in maniera spontanea rosmarino, timo, rampicanti di gelsomino e glicine, tipici di questa particolare area della Spagna.

Tra i diversi percorsi del parco si può citare in particolare il Cammino del Rosario, in cui sono presenti delle sfere che rappresentano, appunto, i grani del rosario, che servivano anche a Gaudì stesso per pregare mentre si recava al lavoro. Sembra che la distanza tra le sfere di pietra fosse stata proprio pensata per avere il tempo di scandire la preghiera.

Il percorso pedonale principale è sicuramente quello che parte dall’entrata e porta, attraverso la grande doppia scalinata, alla piazza del mercato e alla parte coperta del tempio dorico; questa scalinata supera con rapidità un dislivello di ben 17 metri. All’ingresso vi sono due edifici: uno per il custode e uno per gli uffici, entrambi pensati con criteri puramente estetici. La pianta di entrambi gli edifici è ovale e i muri sono rivestiti in pietra naturale color ocra, mentre i tetti hanno colori più vivaci, realizzati con piastrelle di ceramica luccicante. In realtà questi edifici vogliono in qualche modo rievocare degli effetti che catturino lo sguardo in modo magico, inserendoli in un’armonia dove ogni elemento sembra quasi ricondurre a un disegno unitario, dando l’illusione di utilizzare materiali particolarmente preziosi, anche se in realtà la maggior parte dei materiali utilizzati per la realizzazione del parco Guell sono stati reperiti in loco.

Tornando alla scalinata di ingresso, è possibile osservare come questa sia rivestita in ceramica e sia composta da due rampe simmetriche, spezzate in tre tratte. Tra le due rampe Gaudì ha lasciato degli spazi che consentono all’acqua di scorrere nascosta dall’alto verso il basso, per poi emergere attraverso delle fontane. La vasca più bassa ospita un giardino giapponese in miniatura, mentre al piano intermedio la fontana è caratterizzata dalla presenza di uno scudo della Catalogna, inserito in un medaglione dal quale spunta la testa di una serpe. La terza fontana, forse quella più famosa, è quella dell’iguana: rappresenta Pitone, mitico guardiano delle acque sotterranee, che sputa acqua dalla bocca aperta. L’acqua che fuoriesce proviene proprio dalla cisterna interrata in grado di immagazzinare fino a 12 000 litri.

Salendo ancora per la gradinata si arriva infine al cosiddetto tempio dorico, un imponente spazio coperto scandito dalla presenza di ben 86 colonne con fusto scanalato e capitello molto semplice, definito da elementi geometrici, e un basamento costituito da una fascia rivestita da un mosaico. La presenza della trabeazione è un ulteriore motivo di vicinanza allo stile dorico; le decorazioni scelte da Gaudì ricordano i triglifi presenti sui maggiori templi dorici -basti pensare al Partenone. Nell’opera affiorano ulteriori reminiscenze classiche: le colonne perimetrali sono leggermente inclinate, allargandosi verso la parte inferiore, così come già teorizzato nell’ambito delle correzioni ottiche messe in atto dagli antichi greci.

La copertura del tempio è costituita da una superficie ondulata, impreziosita dalla presenza di alcuni medaglioni a forma circolare che presentano decorazioni a mosaico, realizzate da Josep Maria Jujol, artista collaboratore di Gaudì, che si è occupato anche della famosa decorazione posta sul parapetto della piazza superiore. La piazza del teatro greco è in terra battuta ed è appunto delimitata sul perimetro da un lungo e continuo sedile serpentinato, che non costituisce semplicemente un parapetto a protezione dei passanti, ma diviene una vera e propria seduta. Grazie a questa lunghissima panchina, la terrazza diviene un luogo di incontro, soprattutto in virtù del fatto che la forma non è semplice e lineare, ma si snoda lungo la terrazza attraverso una serie di sporgenze e rientranze, andando a creare posti a sedere che permettono alle persone di riunirsi in piccoli gruppi appartati, sebbene si sia all’aperto e in mezzo alla folla. Questo splendido collage sembra essere stato realizzato con materiali molto preziosi; in realtà Gaudì si procurò scarti di cocci e frammenti provenienti da fabbriche di ceramica presenti nei dintorni di Barcellona. Queste schegge di ceramica furono applicate direttamente sulla malta non ancora indurita, così da creare un tutt’uno con la superficie sottostante. La ragione per cui questa decorazione venne tanto celebrata è legata anche al fatto di essere in qualche modo anticipatrice di una serie di tendenze artistiche che hanno caratterizzato il XX secolo: si pensi a Mirò, Picasso o Braques, protagonisti dell’avanguardia artistica negli anni a venire.

Dal 1984, il parco è sotto la tutela dell’UNESCO, che ne ha riconosciuto il valore culturale e ambientale: in quest’opera, come in pochissime altre, architettura e natura si fondono, tanto che è difficile comprendere se la natura sia stata piegata al progetto di Gaudì, oppure se l’opera sia stata proprio generata dalla natura stessa.

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